In Toscana in bicicletta

(ovvero: cosa non si fa per arrivare all'Archivio dei Diari!)

Estate 2001

...La mia bicicletta ha circa due mesi di vita: una city bike rossa, 21 rapporti, con la quale ho fatto circa 130 km, un po' sui colli bolognesi, un po' nei dintorni di Cereglio, e una quindicina su stupende, alte montagne marchigiane.

Siamo ad agosto, mese delle frenetiche vacanze collettive, che io mi spendo invece nel tranquillo, quasi soporifero Appennino, tra letture sul prato e crescentine ai Prà.

Capita poi che con l'unico amico biciclista quasi fanatico, decidiamo di condividere alcuni giorni di comune vacanza, e mischiarci ai consumi automobilistici con il solo uso dei nostri pedali.

Primo giorno. Cereglio-Pistoia-Lucca

Succede così che nell'ultima domenica del mese del rilassamento, noi saltiamo sulle nostre due-ruote e ci avviamo a varcare l'Appennino. Partiamo da Cereglio. Niente di più facile: 11 km. di discesa, per arrivare alla strada del valico, la statale Porrettana. Da lì… poi si decide: se ce la si vede brutta, si può sempre salire sul treno!

Mentre scendiamo i tornanti che arrivano a Vergato, la domenica mattina è quasi fredda, specie nei punti d'ombra. In lontananza, le curve di Montovolo, parco regionale, tutto fittamente boscoso, e affascinante. Non manca una sosta per una buona colazione.

All'orizzonte opposto, le punte di monte Salvaro, di monte Sole, altro parco naturalistico, di struggente memoria, per la strage dell'ultima guerra, le rovine degli eccidi, il monastero di don Dossetti.

Sono zone ricche di storia e di leggende, così magicamente raccontate dalla cinepresa di Pupi Avanti, in film fantastici quali il "Magnificat", o anche "La via degli Angeli". Una terra patria per Marconi, per Morandi (Giorgio, mentre Gianni è di qualche valle più in là), nonché di Alessandro Haber.

Passiamo Vergato. La salita è appena percettibile. Montovolo si avvicina. Riola. I cartelli come al solito sembrano messi lì da un operaio un po' distratto; anzi no, forse era solo un po' bevuto. La sera prima l'aveva passata a divertirsi e quando deve segnare la strada è ancora barcollante, e ha uno strano concetto di numeri e distanze. Così prendi uno svincolo, e il cartello ti dice che sei a 3 km da Riola. Fai 500 mt. e un altro cartello ti indica che i km. sono 5. Scoprirai poi che forse l'operaio distratto e brillo probabilmente faceva la tua stessa strada, perché sono innumerevoli i cartelli che indicano una strana idea delle distanze.

Non è che siamo molto preoccupati. Km più, km meno, in ogni caso abbiamo da pedalare. Sosta d'obbligo alla chiesa di Alvar Aalto. Bisogna ammetterlo: per quanto ci si sforzi, non è che dall'esterno sia molto fotogenica. Bisogna anche sforzarsi un po' per capire che è una chiesa. Dentro è molto meglio, ma c'è funzione, no: non posso entrare coi braghini e mettermi a fare foto! Okay, niente scatti per Alvar Aalto, e proseguiamo la deviazione verso la mitica Rocchetta Mattei. Cioè: un tempo era mitica. Quando le sue cupole e i suoi ghirigori arabeggianti facevano fantasticare mondi lontani. Oggi purtroppo, è quasi un complimento dire che sia in stato d'abbandono. E francamente, mi piange un po' il cuore. Non so a chi appartenga, ma faccio fatica a capire come si possa lasciare che una costruzione del genere vada in distruzione. "Scriverò a Sgarbi!" (…qualcosa dovrà pur fare!) Metto in funzione finalmente la mia Nikon, e poi riprendiamo il passo. Anzi, il pedale.

Altra leggera salita fino a Porretta, anche lei ormai mitica. Resa ulteriormente tale (per chi non la conoscesse già) dalle avventure amorose d'inizio novecento, di quella nonna così ben espressiva che scrive alla nipote "Và dove ti porta il cuore".

La sua atmosfera da cittadina termale, con le gelaterie sul corso, e gli alberi, e il giardinetto, è sempre per me dolce e familiare. Mi si sommano qui così tanti ricordi… di amici di ogni età, di quelli che non ci sono più, dell'Appennino come era una volta… Perché è qui, a Porretta, che comincia "la strada bella". Le macchine sono un po' meno numerose. La montagna è più verde, e la salita si fa più ripida.

Il percorso comincia ad essere più ombreggiato e più fresco. L'ascesa è molto ben sopportabile, e le fontane sono frequenti e stupendamente gelate. Non faccio che bere e passare la testa sotto i tubi delle sorgenti, per rinfrescarmi dal caldo di agosto, che comunque si fa sentire, anche qui.

Ogni volta che faccio questa strada, non posso non pensare a Guccini, e alla sua Pàvana, a quei racconti così struggenti delle "Croniche epafaniche", e ogni volta, immancabilmente, mi ritrovo a cantare o anche solo a evocare con la mente, quei versi sapienti, sofferenti, di "Amerigo". "…E Pàvana un ricordo, lasciato tra i castagni dell'Appennino, l'inglese un suono strano, che lo feriva al cuore come un coltello. E fu lavoro e sangue, e fu fatica uguale mattina e sera, per anni da prigione, di birra e di puttane, di giorni duri, di negri e di irlandesi, polacchi ed italiani, nella miniera…"

La strada sale, sale, Pàvana ci regala i suoi tornanti. Il bosco è meraviglioso, il torrente anche. Si vorrebbe che il mondo fosse tutto così.

Da Porretta al valico sono 15 km circa (non si sa bene, per via del solito addetto brillo…), dopodiché… gioia di tutti i biciclisti: comincia la discesa! E sono altri 15 km di tornanti, tutti a scendere, nel solare paesaggio toscano, tra i pendii costellati di pini e di cipressi, e viti e qualche ulivo, fino a Pistoia. La biforcazione a destra verso Montecatini, ma noi andiamo dritto, al centro città, dove accoglie la tipica architettura toscana, con quei marmi alternati di bianco e grigio.

Senza accorgercene, abbiamo fatto più di 80 km. (questo non ce lo dice l'addetto brillo, ma il nostro conta-km, che supponiamo più affidabile).

Ci facciamo un bel giro per la città, tra le piazze, il palazzo dei Capitani, le belle stradine e il Duomo... Qualche turista da tutta Europa, i negozi con le bellissime cartoline di una regione meravigliosa che forse il buon Dio ha voluto regalare a noi. E nel caldo silenzioso della piazza, non mancano neppure i consueti tossici fatti. Peccato. Ma qualcuno che sta male c'è sempre. Anche ad agosto. Anche quando noi siamo in vacanza.

E' pomeriggio, non vogliamo stare a dormire qui. Saltiamo così su un "locale" che ci porta a Lucca. Bellissima, come sempre. Tanto bella e vivibile che non sembra neppure una città italiana. Forse per questo si vedono più olandesi, inglesi, americani,… che lucchesi.

Una città che sembra fatta per pedoni e biciclette. Tutta intatta, con le sue mura medievali, i suoi alberi e i viali che ricordano un'atmosfera da passeggiate in carrozza e signore con l'ombrellino… Ci fermiamo qui.

Ricerca di un letto: la mia vecchissima guida segnala un albergo a 2 stelle. Lo troviamo, ma nel frattempo sono diventate 3. Ha un'entrata superlusso. Entro ugualmente, chiedo se c'è una stanza e a quanto: "Sì, c'è, 350.000". Okay, gli dico, ma vorremmo spendere meno, sa indicarmi un posto? "Beh sì, a 300.000" (…non capirò mai perché la gente spende tanto per dormire…) No, vede, proprio …ancora meno. E' gentilissimo, si mette al telefono. In un minuto fa quattro chiamate, e ci trova la soluzione fantastica: appartamento in affitto, 150.000 per due stanze e bagno, la cucina non ci serve. Ci arriviamo dopo essere riusciti a perderci nonostante le perfette indicazioni, ed è carinissimo, restaurato, pieno centro, antico, solo per noi, incluso spazio chiuso per biciclette!

Inevitabile una bella mangiata con farro alla lucchese!

Primo giorno andato.

RIOLA

PORRETTA

PISTOIA

LUCCA

LUCCA

 

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