è un paese
fondato sulle persone. E sui diritti delle persone. Tutti i diritti. Quelli sanciti dalle carte internazionali. Nel paese che
vorrei, nessuno sarebbe
lasciato solo. Non ci
sarebbero padri o madri che si uccidono, perché hanno
un figlio autistico, o schizofrenico, e non sanno più
dove metterlo, e sono stati
abbandonati. Non ci
sarebbero poveri che muoiono, perché la loro
stufetta a gas, o elettrica, gli fa andare a
fuoco una casa che non è una
casa. Nel paese che
vorrei, si darebbe voce
al verde, agli alberi, al futuro. Non si
ammazzerebbero km e km di campagna, per dare spazio
a stupidi centri commerciali, che vendono
cose stupide, che dobbiamo
comprare per forza, altrimenti
andiamo tutti in cassa integrazione. Nel paese che
vorrei, non ci
sarebbero fabbriche di armi, né centrali
nucleari. Né verrebbe comprato il carburante o qualunque
altra materia prima, da paesi che
non garantissero primariamente i diritti delle persone. Di tutte le
persone. Il paese che
vorrei, non sostiene le dittature, i dittatori. Non vende armi
di nessun tipo, né bombe, né carri armati, né mine, né
piccole pistole. Il paese che
vorrei, darebbe una
casa a tutti, senza pretendere che delle persone si impicchino per
30 anni, per pagarsi un tetto. Il paese che
vorrei, lotterebbe contro chi non mette la propria quota per sostenere i
beni della comunità. L’evasione,
non sarebbe contemplata. Se vuoi evadere, lo devi fare fisicamente: sei libero di espatriare. E non tornare indietro! In questo
paese, nessun criminale rimarrebbe impunito. Nessuno. Né il corrotto, né il corruttore, né il parricida, né il marito
che violenta la moglie. Nessuno. Non ci sarebbe
posto per l’illegalità. Ogni forma di
illegalità. Quella grande, come quella piccola. Quella di chi
falsifica i prodotti da costruzione. Quella di chi
vuole salire su un treno senza fare il biglietto. Hanno radice
nella stessa arroganza, e nel non rispetto degli altri e delle regole. Nel paese che
vorrei, la collettività
viene prima del singolo individuo. Nel paese che
vorrei, ci sarebbero
scuole per tutti. Buone scuole, con tutto ciò che serve. Ma scuole
libere. Dove non si sia “obbligati” ad andare fino a 18 o 16 anni. Scuole dove
vengono aiutati i più deboli, e coltivati i talenti. In quel paese ci sarebbero case costruite con tutti i migliori sistemi per il risparmio energetico. E tutte le energie più pulite sarebbero sfruttate al
massimo, per qualunque cosa. Quelle sporche,
sarebbero bandite. Anche i
trasporti sarebbero ecologici, tutti, ed efficienti. Piuttosto che inquinare, e uccidere il mondo, bisogna essere
capaci di fermarsi. Nel paese che
vorrei, la cultura è
al centro di tutto. La cultura crea conoscenza, stimola il pensiero, la riflessione, la saggezza. Non ci
sarebbero stupide TV con programmi per istupidire le masse. Non ci sarebbero tette e culi negli schermi, e nei cartelloni che tappezzano le città. E neppure quiz
continui, per farti fare soldi in fretta. Ma ci sarebbero
i soldi per i musei. Quelli grandi, come quelli piccoli. Musei per i
beni materiali, ma anche per quelli immateriali. Come la musica,
la memoria orale, le tradizioni. Non ci
sarebbero montagne di rifiuti. E si
cercherebbe di fabbricare pochi rifiuti. Con uno stile
di vita meno consumistico. Meno demenziale, di quello a cui
ci siamo abituati. In quel paese,
ci ricorderemmo sempre, tutti, che il mondo
non ci appartiene. Nulla, neppure un filo d’erba. E che in ogni
momento, nelle nostre scelte, dobbiamo pensare ai diritti di
tutti. Ai nostri, e a quelli di chi vive nel deserto, e ha bisogno che esso non
avanzi. Di chi vive
nelle foreste, e ha bisogno che esse non diminuiscano. Di chi vuole muoversi e girare, e ha diritto a non trovarsi
muri davanti al volto. Perché il
mondo ci è stato dato senza muri.
Silvia
Montevecchi. Marzo 2011
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